venerdì 15 dicembre 2017

Luciano Bianciardi - La battaglia soda

Prima edizione Rizzoli, collana La Scala, Settembre 1964, pag. 193.
Copertina rigida illustrata, leggerissimi segni del tempo, ottime condizioni.
Sovracopertina in acetato trasparente, strappo con mancanza sullo spigolo superiore della prima di copertina, bandella pubblicitaria mancante, vari strappi riparati con nastro adesivo trasparente sui bordi superiore e inferiore e sui piatti della prima e della quarta di copertina, buone condizioni.
Modesto brunitura bordi pagine, fioritura e brunitura sul taglio pagine superiore, modesta fioritura sul taglio pagine anteriore, libro in ottime condizioni.
Dimensioni 14,5x22 cm.   23,00 €
Il racconto copre gli anni dalla presa di Capua (1860) alla battaglia di Custoza (1866), con una coda sui fatti successivi. E' in prima persona e anonimo, ma l'autore ha avuto in mente Giuseppe Bandi suo conterraneo, garibaldino coi Mille, ferito a Calatafimi e promosso maggiore a ventisei anni, sul campo. In questo libro si mette nei suoi panni, e adotta la sua lingua, ma non è un esperimento da laboratorio, "Credo che quando uno scrittore entra in un contenuto, la lingua gli venga fatta da sé, e non gli occorra sovrapporla ai fatti che racconta; e secondo me non c'era altro modo per raccontare, dal didietro, questa storia che si ambienta negli anni delusivi del nostro risorgimento". "Fatta l'unità d'Italia si gridò al miracolo ma fin troppo presto apparve chiaro quanti nodi insoluti erano nel tessuto dell'Italia nuova. Uno soprattutto, insoluto ancor oggi : l'unione del Sud al Nord, che avvenne col modo dell'annessione, anzi della conquista piemontese. Donde la guerra dei briganti. Una faccia di tale nodo spinoso è la sorte dei garibaldini, disfatto il loro esercito, accolti nelle file dei regolari solamente quelli che davano garanzia di conformismo e la parte "azionistica" ne usciva ancora ba
ttuta, anche per la sua dabbenaggine. Ecco perché il mio protagonista non è un uomo molto intelligente. Impulsivo, generoso, pronto all'ira, e poi al perdono, e poi alle lacrime, conserva peraltro il dono dell'autoironia. Non negherò che all'ironia del protagonista si sovrapponga talvolta l'ironia dell'autore, ma sarebbe un grosso torto leggere questo libro come un "pastiche" sfottitorio sul Risorgimento. Difatti la delusione di allora è anche una verifica della delusione nostra, una specie di controllo del passato, per ritrovarvi i nostri errori e le nostre speranze. A Custoza siamo stati sconfitti anche noi".

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